Non sono una giornalista, né ho ambizioni in tal senso. Mi definirei più che altro una persona curiosa che non si stancherebbe mai di fare domande.
In particolare, faccio un lavoro che a volte mi porta a chiedermi...Ma perché lo faccio? I sacrifici sono all'ordine del giorno fin da quando si è bambini, e chi decide di fare il musicista nella vita viene sempre guardato con un misto di interesse e sospetto. E spesso mi domando come vivano questa situazione gli altri musicisti...e allora ho pensato: perché non chiederglielo di persona?
In particolare, faccio un lavoro che a volte mi porta a chiedermi...Ma perché lo faccio? I sacrifici sono all'ordine del giorno fin da quando si è bambini, e chi decide di fare il musicista nella vita viene sempre guardato con un misto di interesse e sospetto. E spesso mi domando come vivano questa situazione gli altri musicisti...e allora ho pensato: perché non chiederglielo di persona?
Ho molti amici e conoscenti che hanno scelto questa strada, e ho pensato di chiedere loro di raccontarci su questo blog qualcosa di loro, delle loro scelte...Alcuni di loro sono affermati e in carriera, altri sono giovani promesse, altri ancora si stanno costruendo il proprio futuro passo dopo passo. Le loro storie sono belle e uniche, e spero che vi piacerà leggerle quanto è piaciuto a me raccontarle.
Il mio primo intervistato è il baritono venezuelano Pedro Carrillo, che ho avuto la fortuna di conoscere alcuni anni fa durante una masterclass in Sicilia.
Buona lettura!
Pedro.
Sono nato a Caracas, Venezuela, un bel giorno di giugno dell’anno…poi te lo dico. Ho studiato canto nella mia città, dove ho fatto l’università ben due volte: la prima mi sono laureato come Produttore di Radio, Cinema e Teatro. La seconda come cantante lirico, la mia vera vocazione e passione.
Troppi anni di studio!
Italia, la mia nuova casa.
Sono in Italia da 5 anni, non riesco a capacitarmi di come passi il tempo. Mi
sono trasferito principalmente per studiare a Milano con il M° Vittorio
Terranova. Sentivo la necessità di ricostruire la mia tecnica vocale: dopo una
masterclass a Caracas con un celebre soprano, mi sono accorto di avere ancora
troppi dubbi, spazi vuoti, e volevo riempirli. Per caso ho conosciuto a Bogotà
un ex-allievo di Terranova, e sono riuscito a contattarlo. Dopo poche lezioni
ho intuito subito che con lui c’era una grande possibilità di imparare e soprattutto
"rifarmi la testa". In Venezuela cantavo un repertorio limitato, mentre
qua ho capito fino a dove avrei potuto spingermi.
Partire non è stata una decisione sofferta, anzi.
Una
volta ammesso alla Accademia Marziali [dove insegna il M° Terranova, ndr], sono
tornato alla mia città e nel giro di tre settimane ho chiuso casa mia, ho
sistemato i miei documenti e… mi sono sposato! Tre settimane per chiudere una
vita ed iniziarne una nuova. Credo che se non fosse stato così, se mi fossi
messo a pensarci…non avrei fatto nulla…
Perché l'Italia? Ho sempre pensato che in
realtà non sono io ad aver scelto questo Paese, ma è l’Italia che ha scelto me.
Avevo già provato a venire in Europa diverse altre volte: Germania, Francia,
Spagna, ma c'era sempre qualcosa che mi chiudeva la porta. Da quando ho deciso
di venire in Italia invece sono stato subito in grado di riconoscere le "porte",
e finora poche sono rimaste chiuse. L'Italia è la mia nuova
patria.
Venezuela: un amore doloroso.
In Venezuela c'è una realtà fantastica per gli
strumentisti: tante orchestre, tanti posti per studiare e bravissimi maestri.
Puoi farti una vita di buon livello, senza tradire la tua vocazione. Per un
cantante è molto diverso. Poche opportunità, spazi chiusi, direttori inadeguati,
liste nere. Infine…una difficile realtà.
In Italia, da cantante, ho trovato più
riconoscimento al valore del mio lavoro, opportunità che mai mi sarei
immaginato, gente che ha voluto prendersi rischi per me e con me, persone che
mi hanno fatto crescere: gente che sa il mestiere e da cui è bello imparare. E
poi, ho trovato tanti colleghi che mi hanno accolto subito come loro pari,
anche se sono straniero, per il semplice fatto di riconoscere nel mio lavoro un
livello, un lavoro ben fatto e tanta passione.
Da quando sono arrivato non ho
fatto altro che cantare, e i teatri mi richiamano. Questo nel mio Paese era quasi
impossibile. Una volta che fai il primo errore, non te lo perdonano più. Certamente
ho commesso errori anche qui, in Italia ed Europa, ma c’è sempre stato qualcuno
che ha visto oltre, mi ha spinto a crescere e superarmi.
E per questo sarò
sempre grato.
Sentirsi a casa in terra straniera.
Le difficoltà più grandi rimangono sempre
nell’ambito della burocrazia: l’incubo del permesso di soggiorno, le continue domande
in questura, tutti gli intoppi veri e quelli artificiosamente creati sul tema
immigrazione. E per questo ci sono stati momenti in cui ho veramente sofferto
in Italia. Comunque…c’è sempre l’angelo che ti protegge. Un amico, immigrato
pure lui, ha definito molto bene questa situazione: "In Italia la burocrazia ha
solo due possibilità: tutto è impossibile, o tutto è un miracolo". Ed è
verissimo.
Dal punto di vista lavorativo, trovo che soprattutto
in Italia fare il passo dalla gavetta al vero lavoro sia molto complicato.
Ancora non credo di comprendere a fondo i meccanismi che permettono di scalare il gradino successivo.
Ma ci sto provando…eccome!
E poi sono un sentimentale, e riesco davvero a
sentirmi “a casa” ovunque. Non so, forse è un difetto, forse è un pregio. Ma
soffro sempre quando devo lasciare una compagnia con cui si lavora bene: lascio
fratelli e sorelle ovunque! Io lavoro molto per creare dei buoni rapporti coi
colleghi. Perché parto dall'ammirazione: sempre cerco di trovare negli altri
quello che mi piace, quell'aspetto del loro canto che mi fa sognare, e mi fa
chiedere "ma come fa"? E crescere così con loro.
Dire in quale teatro
mi sia sentito meglio, è come dire quale dei miei genitori ami di più! E'
impossibile!
Dove la poesia incontra la musica.
Quando affronto per la prima volta lo studio
di un nuovo lavoro, cerco di capire qual è l’impressione generale che
quell'opera o quel personaggio mi trasmette. Il primo impatto.
E parto da lì.
Mi dico: Alla fine di quest'opera vorrei che gli spettatori uscissero con
queste emozioni dentro. Così, mentre imparo le note cerco subito di
introiettarle, capire come le sento,
come vedo le frasi e gli accenti. Una volta che la musica è dentro, le parole
vengono praticamente da sole. E lì comincia il lavoro più profondo. Dove la
poesia incontra la musica.
E' il momento in cui puoi arricchire i tuoi
concetti, i tuoi sentimenti: imparare a crescere in una direzione sconosciuta.
Ma alla fine sono molto pragmatico: so che posso memorizzare molto presto e
facilmente, e lascio alla scena ed al rapporto coi colleghi l’ultima parte del lavoro.
Regie e sogni...
Credo che l’unico personaggio con cui abbia veramente sofferto sia Alfio (Cavalleria Rusticana). Non è adatto a me…o almeno non lo è stato nel momento in cui l’ho affrontato. Non mi vedo in quei panni, non ho la stoffa per quel carattere né la giusta vocalità. Comunque ho dovuto farlo molte volte, e ho tentato di essere semplicemente onesto: non mi sono mai imposto cose che so di non poter fare.
E poi…l’operetta. Ho cantato La Vedova Allegra in italiano diverse volte. E proprio non è il mio campo. La tessitura è impossibile, il mio accento straniero nei dialoghi mi risulta insopportabile, ed il ruolo…insomma. Ma che musica!! Lèhar scrive davvero delle melodie uniche.
Con le regie sono stato finora abbastanza fortunato; per
il momento in Italia il Regietheater non si impone con forza, e la mia
esperienza come attore di prosa mi aiuta sempre moltissimo: sulla scena riesco ad
ottenere il rispetto dei registi, e questo facilita molto le cose.
Fortunatamente, finora ho fatto pure dei ruoli
che mai mi sarei immaginato di poter cantare: Rigoletto, Amonasro, Conte di
Luna… Verdi per me è casa, il posto dove mia voce rende meglio. Ma non ho ancora
potuto cantare la mia opera verdiana preferita, Don Carlo. Sogno di avere
presto l’opportunità di fare Rodrigo, sono sicuro che andrebbe benissimo!!
Poi,
il mio VERO sogno nel cassetto è cantare Iago ...ma credo che sia ancora prematuro.
Voglio aspettare che la mia voce maturi e che abbia il colore giusto per quello che
voglio fare con quel ruolo, saper rendere tutte le sfumature e la grande musica
che c’è dentro. Spesso Iago negli ultimi
tempi è reso in maniera quasi volgare, che non riflette tutti i colori che
Shakespeare, Boito e Verdi hanno creato per questo grandissimo personaggio.
Spero di potergli rendere presto onore!
La voce ideale.
Alla fine mi sono creato un artista ideale: la
voce di Merrill, la forza di MacNeill, l’espressione di Cappuccilli, il gesto
di Gobbi…e cosi via. E' facile inizialmente trovare in tutti dei difetti, ma
poi, mettendo il corpo in questo lavoro, riesci ad ammirare tutti questi grandi
interpreti che hanno segnato la storia dell’Opera. Invece per quanto riguarda i
baritoni moderni, credo che siano molto meglio dal vivo. Di recente ho visto Dimitri
Horostovsky, che in registrazione non mi piace, ma che sul palco mi ha molto
colpito. La stessa cosa vale per Hampson, un grande liederista, la cui voce
vera non è quella che si sente in disco.
Lieder o opera?
ENTRAMBI! I grandi, grandissimi del passato
non hanno abbandonato mai la musica da camera. Io ho cantato moltissimi Lieder gli
anni di studio, e facendo cosi ho imparato molte cose che poi funzionano
benissimo nell’opera. Certo, si deve adattare tutto alla misura dello spazio
dove si fanno l'uno e l’altro. Ma il buon gusto e la grande musicalità l’impari
cantando Schubert, Schumann, Brahms…poi per il baritono…il Lied è una
benedizione!
Aggiornamento: proprio oggi Pedro è diventato papà!! Un grande augurio a lui, alla sua splendida moglie Victoria e al suo piccolo Stefano!
"parto dall'ammirazione: sempre cerco di trovare negli altri quello che mi piace, quell'aspetto del loro canto che mi fa sognare, e mi fa chiedere "ma come fa"? E crescere così con loro."
RispondiElimina...credo che la chiave in fondo stia qui :)
Ehi, buon anno nuovo! Bentornata! :D
RispondiEliminaComplimenti per l'intervista.