domenica 10 febbraio 2013

Intervista a PEDRO CARRILLO

Non sono una giornalista, né ho ambizioni in tal senso. Mi definirei più che altro una persona curiosa che non si stancherebbe mai di fare domande.
In particolare, faccio un lavoro che a volte mi porta a chiedermi...Ma perché lo faccio? I sacrifici sono all'ordine del giorno fin da quando si è bambini, e chi decide di fare il musicista nella vita viene sempre guardato con un misto di interesse e sospetto. E spesso mi domando come vivano questa situazione gli altri musicisti...e allora ho pensato: perché non chiederglielo di persona?
Ho molti amici e conoscenti che hanno scelto questa strada, e ho pensato di chiedere loro di raccontarci su questo blog qualcosa di loro, delle loro scelte...Alcuni di loro sono affermati e in carriera, altri sono giovani promesse, altri ancora si stanno costruendo il proprio futuro passo dopo passo. Le loro storie sono belle e uniche, e spero che vi piacerà leggerle quanto è piaciuto a me raccontarle.

Il mio primo intervistato è il baritono venezuelano Pedro Carrillo, che ho avuto la fortuna di conoscere alcuni anni fa durante una masterclass in Sicilia. 
Buona lettura!


Pedro.
Sono nato a Caracas, Venezuela, un bel giorno di giugno dell’anno…poi te lo dico. Ho studiato canto nella mia città, dove ho fatto l’università ben due volte: la prima mi sono laureato come Produttore di Radio, Cinema e Teatro. La seconda come cantante lirico, la mia vera vocazione e passione. 
Troppi anni di studio!
Italia, la mia nuova casa.
Sono in Italia da 5 anni, non riesco a capacitarmi di come passi il tempo. Mi sono trasferito principalmente per studiare a Milano con il M° Vittorio Terranova. Sentivo la necessità di ricostruire la mia tecnica vocale: dopo una masterclass a Caracas con un celebre soprano, mi sono accorto di avere ancora troppi dubbi, spazi vuoti, e volevo riempirli. Per caso ho conosciuto a Bogotà un ex-allievo di Terranova, e sono riuscito a contattarlo. Dopo poche lezioni ho intuito subito che con lui c’era una grande possibilità di imparare e soprattutto "rifarmi la testa". In Venezuela cantavo un repertorio limitato, mentre qua ho capito fino a dove avrei potuto spingermi.

Partire non è stata una decisione sofferta, anzi.

Una volta ammesso alla Accademia Marziali [dove insegna il M° Terranova, ndr], sono tornato alla mia città e nel giro di tre settimane ho chiuso casa mia, ho sistemato i miei documenti e… mi sono sposato! Tre settimane per chiudere una vita ed iniziarne una nuova. Credo che se non fosse stato così, se mi fossi messo a pensarci…non avrei fatto nulla…
Perché l'Italia? Ho sempre pensato che in realtà non sono io ad aver scelto questo Paese, ma è l’Italia che ha scelto me. Avevo già provato a venire in Europa diverse altre volte: Germania, Francia, Spagna, ma c'era sempre qualcosa che mi chiudeva la porta. Da quando ho deciso di venire in Italia invece sono stato subito in grado di riconoscere le "porte", e finora poche sono rimaste chiuse. L'Italia è la mia nuova patria.

Venezuela: un amore doloroso.
In Venezuela c'è una realtà fantastica per gli strumentisti: tante orchestre, tanti posti per studiare e bravissimi maestri. Puoi farti una vita di buon livello, senza tradire la tua vocazione. Per un cantante è molto diverso. Poche opportunità, spazi chiusi, direttori inadeguati, liste nere. Infine…una difficile realtà. 
In Italia, da cantante, ho trovato più riconoscimento al valore del mio lavoro, opportunità che mai mi sarei immaginato, gente che ha voluto prendersi rischi per me e con me, persone che mi hanno fatto crescere: gente che sa il mestiere e da cui è bello imparare. E poi, ho trovato tanti colleghi che mi hanno accolto subito come loro pari, anche se sono straniero, per il semplice fatto di riconoscere nel mio lavoro un livello, un lavoro ben fatto e tanta passione. 
Da quando sono arrivato non ho fatto altro che cantare, e i teatri mi richiamano. Questo nel mio Paese era quasi impossibile. Una volta che fai il primo errore, non te lo perdonano più. Certamente ho commesso errori anche qui, in Italia ed Europa, ma c’è sempre stato qualcuno che ha visto oltre, mi ha spinto a crescere e superarmi. 
E per questo sarò sempre grato.

Sentirsi a casa in terra straniera.
Le difficoltà più grandi rimangono sempre nell’ambito della burocrazia: l’incubo del permesso di soggiorno, le continue domande in questura, tutti gli intoppi veri e quelli artificiosamente creati sul tema immigrazione. E per questo ci sono stati momenti in cui ho veramente sofferto in Italia. Comunque…c’è sempre l’angelo che ti protegge. Un amico, immigrato pure lui, ha definito molto bene questa situazione: "In Italia la burocrazia ha solo due possibilità: tutto è impossibile, o tutto è un miracolo". Ed è verissimo.
Dal punto di vista lavorativo, trovo che soprattutto in Italia fare il passo dalla gavetta al vero lavoro sia molto complicato. Ancora non credo di comprendere a fondo i meccanismi che permettono di scalare il gradino successivo. Ma ci sto provando…eccome!
E poi sono un sentimentale, e riesco davvero a sentirmi “a casa” ovunque. Non so, forse è un difetto, forse è un pregio. Ma soffro sempre quando devo lasciare una compagnia con cui si lavora bene: lascio fratelli e sorelle ovunque! Io lavoro molto per creare dei buoni rapporti coi colleghi. Perché parto dall'ammirazione: sempre cerco di trovare negli altri quello che mi piace, quell'aspetto del loro canto che mi fa sognare, e mi fa chiedere "ma come fa"? E crescere così con loro. 
Dire in quale teatro mi sia sentito meglio, è come dire quale dei miei genitori ami di più! E' impossibile!
Dove la poesia incontra la musica. 
Quando affronto per la prima volta lo studio di un nuovo lavoro, cerco di capire qual è l’impressione generale che quell'opera o quel personaggio mi trasmette. Il primo impatto. 
E parto da lì. 
Mi dico: Alla fine di quest'opera vorrei che gli spettatori uscissero con queste emozioni dentro. Così, mentre imparo le note cerco subito di introiettarle,  capire come le sento, come vedo le frasi e gli accenti. Una volta che la musica è dentro, le parole vengono praticamente da sole. E lì comincia il lavoro più profondo. Dove la poesia incontra la musica. 
E' il momento in cui puoi arricchire i tuoi concetti, i tuoi sentimenti: imparare a crescere in una direzione sconosciuta. 
Ma alla fine sono molto pragmatico: so che posso memorizzare molto presto e facilmente, e lascio alla scena ed al rapporto coi colleghi l’ultima parte del lavoro.
Regie e sogni...
Credo che l’unico personaggio con cui abbia veramente sofferto sia Alfio (Cavalleria Rusticana). Non è adatto a me…o almeno non lo è stato nel momento in cui l’ho affrontato. Non mi vedo in quei panni, non ho la stoffa per quel carattere né la giusta vocalità. Comunque ho dovuto farlo molte volte, e ho tentato di essere semplicemente onesto: non mi sono mai imposto cose che so di non poter fare.  
E poi…l’operetta. Ho cantato La Vedova Allegra in italiano diverse volte. E proprio non è il mio campo. La tessitura è impossibile, il mio accento straniero nei dialoghi mi risulta insopportabile, ed il ruolo…insomma. Ma che musica!! Lèhar scrive davvero delle melodie uniche. 
Con le regie sono stato finora abbastanza fortunato; per il momento in Italia il Regietheater non si impone con forza, e la mia esperienza come attore di prosa mi aiuta sempre moltissimo: sulla scena riesco ad ottenere il rispetto dei registi, e questo facilita molto le cose. 

Fortunatamente, finora ho fatto pure dei ruoli che mai mi sarei immaginato di poter cantare: Rigoletto, Amonasro, Conte di Luna… Verdi per me è casa, il posto dove mia voce rende meglio. Ma non ho ancora potuto cantare la mia opera verdiana preferita, Don Carlo. Sogno di avere presto l’opportunità di fare Rodrigo, sono sicuro che andrebbe benissimo!! 
Poi, il mio VERO sogno nel cassetto è cantare Iago ...ma credo che sia ancora prematuro. Voglio aspettare che la mia voce maturi e che abbia il colore giusto per quello che voglio fare con quel ruolo, saper rendere tutte le sfumature e la grande musica che c’è dentro. Spesso  Iago negli ultimi tempi è reso in maniera quasi volgare, che non riflette tutti i colori che Shakespeare, Boito e Verdi hanno creato per questo grandissimo personaggio. Spero di potergli rendere presto onore!
La voce ideale.
Alla fine mi sono creato un artista ideale: la voce di Merrill, la forza di MacNeill, l’espressione di Cappuccilli, il gesto di Gobbi…e cosi via. E' facile inizialmente trovare in tutti dei difetti, ma poi, mettendo il corpo in questo lavoro, riesci ad ammirare tutti questi grandi interpreti che hanno segnato la storia dell’Opera. Invece per quanto riguarda i baritoni moderni, credo che siano molto meglio dal vivo. Di recente ho visto Dimitri Horostovsky, che in registrazione non mi piace, ma che sul palco mi ha molto colpito. La stessa cosa vale per Hampson, un grande liederista, la cui voce vera non è quella che si sente in disco.
Lieder o opera?
ENTRAMBI! I grandi, grandissimi del passato non hanno abbandonato mai la musica da camera. Io ho cantato moltissimi Lieder gli anni di studio, e facendo cosi ho imparato molte cose che poi funzionano benissimo nell’opera. Certo, si deve adattare tutto alla misura dello spazio dove si fanno l'uno e l’altro. Ma il buon gusto e la grande musicalità l’impari cantando Schubert, Schumann, Brahms…poi per il baritono…il Lied è una benedizione! 




Aggiornamento: proprio oggi Pedro è diventato papà!! Un grande augurio a lui, alla sua splendida moglie Victoria e al suo piccolo Stefano!



2 commenti:

  1. "parto dall'ammirazione: sempre cerco di trovare negli altri quello che mi piace, quell'aspetto del loro canto che mi fa sognare, e mi fa chiedere "ma come fa"? E crescere così con loro."
    ...credo che la chiave in fondo stia qui :)

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  2. Ehi, buon anno nuovo! Bentornata! :D
    Complimenti per l'intervista.

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